INTERVISTA ESCLUSIVA: Parla Francesco Perrucci, il ragazzo aggredito a Manduria: “Sarei potuto morire e nessuno ha fatto niente”

A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Tapani
L’Italia è ancora quel paese dove una semplice serata con gli amici può trasformarsi nel peggiore degli incubi se si è omosessuali. Non è questione di nord o sud, se sei gay rischi ovunque di imbatterti in delinquenti che si sentono in diritto di prenderti in giro e picchiarti per via della tua sessualità.
La storia che vi voglio raccontare ha per protagonista Francesco Perrucci, un ragazzo di 24 anni che vive a Manduria, in provincia di Taranto. La scorsa domenica sera, è stato vittima di un’aggressione omofoba per mano di un uomo che, sentendosi superiore per via della sua eterosessualità, lo ha mandato in ospedale con diverse traumi tra l’indifferenza dei passanti, rimasti immobili a guardare quello spettacolo indegno. Per Francesco l’aggressione, però, non  è stata l'unica che ha subito quella sera. Infatti, poco prima, un gruppo di ragazzi suoi coetanei lo ha,prima, deriso  e offeso e , poi, gli ha dato degli schiaffi.
Il mio mondo espanso ha raggiunto in esclusiva Francesco per chiedergli di spiegarci la vicenda, e mentre ci prepariamo, mi confessa di avere ancora paura e che ripensare a quella sera gli fa molto male. Cerco di metterlo a suo agio e iniziamo la nostra chiacchierata, ma so benissimo che per lui non sarà facile...
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D. Mi racconti cos’è successo? Dove ti trovavi e chi ti ha preso di mira?
R. Erano all’incirca le undici e mezza, quando domenica sera, dopo aver salutato i miei amici, ho deciso di fare un ultimo giro in paese prima di rincasare. Improvvisamente un gruppo di 8/10 ragazzi si sono avvicinati a me iniziando a insultarmi con termini pesanti riguardanti la mia omosessualità per poi darmi qualche spintone e due schiaffi. Lì mi sono difeso riuscendo a far finire lì la cosa e facendo in modo che questi tornassero per la loro strada, entrando in un locale.

D. Li conoscevi?
R. No, non li conoscevo.

D. Dopo che sono andati via cosa è successo?
R. Sono rimasto sulla strada e un ragazzo si è avvicinato per confarmi, dicendomi di stare tranquillo. Dopo una decina di minuti è arrivato, ridendo, un uomo sulla trentina che aveva assistito a ciò che era successo con quei ragazzi e ha iniziato anche lui a insultarmi. Mi ha detto tante cose, ma quella che mi è rimasta impressa è stata la frase: “Devi bruciare. Voi dovreste morire… io ti sforzo”.

D. E tu che cosa hai fatto?
R. Gli ho detto che se non la smetteva avrei chiamato la polizia, ma non è servito. Mi ha preso a botte aiutato da un altro uomo, un suo amico forse, anche lui fra i trenta e quarant’anni.

D. Cosa hai provato vivendo di fatto due aggressioni omofobe in una sola sera?
R. Li per li ero confuso. C'erano una quarantina di persone, ma nessuno ha mosso un solo dito. Mi sono sentito veramente solo e ancora adesso questa sensazione non è passata.

D. Cioè?
R. A parte i dolori al viso, al collo e alla schiena sono molto giù. Sono rinchiuso in camera da quella sera e non faccio altro che piangere. Ieri sera sarei potuto morire e nessuno ha fatto niente.

D. E il ragazzo che poco prima ti diceva di stare tranquillo, non ti ha aiutato quando l'uomo ti ha aggredito?
R. Non l'ho più visto.  Tra le botte e la gente, non ho capito più niente. Ero per terra e ci sono rimasto fino a quando il proprietario di un locale non mi ha portato all’interno e ha aspettato con me l’arrivo della polizia.

D. Cosa si prova nel vedere che la gente rimane indifferente di fronte a un'aggressione?
R. Rabbia, paura, solitudine.

D. Perché?
R. Non solo il danno, pure la beffa. La gente fa finta di niente, non si espone e non si preoccupa. Fa sì che le violenze continuino ad accadere.

D. Quindi, secondo te, se la vittima del pestaggio non fosse stato gay, sarebbe intervenuto qualcuno?
R. Credo di si. La gente evita di uscire con me... ha vergogna e paura perché spesso vengo insultato.

D. Com'è vivere in un luogo dove se metti piede fuori casa diventi il bersaglio della gente?
R. Com'è... soffro di depressione sin dalle medie, da quando cominciarono i primi attacchi, i primi insulti, e venivo escluso. Qui essere gay è come avere la peste. A quei tempi, fra l’altro, non venivo accettato in casa e ogni giorno mi trovato a litigare anche con i miei.

D. Adesso i rapporti con i tuoi come sono?
R. Insomma… ora diciamo che va…

D. E come hanno reagito a quanto ti è capitato domenica scorsa?
R. Beh, mi sono vicini, questo lo posso dire.
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D. Poco fa dicevi che la gente si vergogna a uscire con te perché viene preso in giro. A proposito di questo sul tuo diario Facebook ho letto i commenti di una donna che, sostanzialmente, sosteneva che le aggressioni fossero colpa tua per via di come giri per strada. Posto che ognuno è libero di vestirsi come meglio crede e che questo non può essere motivo per picchiare qualcuno, mi spieghi come cammini per Manduria?
R. Vedi tu… indosso jeans e maglietta come qualsiasi ragazzo. Non uso né borse, né tacchi né trucco, niente di tutto ciò.

D. Ribadisco che, anche se fosse, questo non giustifica un'aggressione a prescindere. Sempre a proposito dei commenti, questa donna ti accusa, sostanzialmente, di ricercare visibilità e che usi le aggressioni omofobe per far parlare di te. Cosa rispondi a questo?
R. Ci sono state due "donne", due profili falsi, che hanno cominciato a infangarmi sul mio diario. Poi hanno iniziato a screditarmi anche su una pagina gay e sono state segnalate. Guarda... non ho nulla da nascondere e chi mi conosce sa chi è come sono.

D. Non lo metto in dubbio.
R. Entrambi i profili sono stati segnalati, e non da me. Hanno cominciato a insultare e la gente che ha letto ha fatto le segnalazioni. Io ho portato anche le immagini e i nomi dei profili ai carabinieri
D. Torniamo a quella sera. Sei stato portato in ospedale in ambulanza. Che prognosi ti hanno rilasciato?
R. 7 giorni di prognosi. Ho postato anche le immagini del referto, ma oggi devo tornare in ospedale perché, nonostante gli antidolorifici, sto avendo forti dolori.



D. Dove averti più dolore?
R. Faccia,collo e braccio.

D. Tornato a casa dall'ospedale cos'hai fatto? Come sei riuscito a dormire?
R. Non voglio ricordare. Ti chiedo scusa, ma non ho la forza di dire altro.

D. Lo capisco.
R. Ti chiedo scusa.

D. L'ultima domanda. I carabinieri hanno individuato i tuoi aggressori?
R. Solo uno, ma sulla strada c’erano le telecamere di sorveglianza e gli inquirenti stanno ancora indagando.