Dopo le minacce di morte e le accuse subite, Gayburg segnalato a Google dagli omofobi. Siamo davvero alla fine della libertà d'informazione?

A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani
In principio furono le minacce di morte avanzate dai sostenitori di Mario Adinolfi, poi seguirono le accuse di Antonio Amato e quelli di Provita e infine le segnalazione del blog a Google che dal 20 dicembre ne ha limitato il traffico, impedendone la condivisione degli articoli sui socials, e la presenza degli stessi su Google News. Chi da sempre legge Gayburg, uno dei blog più accreditati, serie e meticolosi che io conosca, avrà visto che prima di accedervi appare la notifica in cui si legge che "alcuni lettori hanno contattato Google perché ritengono che i contenuti di questo blog siano discutibili."

Oggi Gayburg comunica che Google non provvederà a effettuare un controllo manuale "e che il blocco persisterà sino a quando la linea editoriale non verrà variata per indirizzare il blog a un pubblico eterosessuale", e per questo ha deciso di agire inviando una lettera a tutti i maggiori quotidiani affinché si sappia cosa sono in grado di fare gli omofobi in questo paese.

Di seguito trovate il testo della missiva. Se pensate che questa sia solo una cosa che riguarda gli amici di Gayburg, vi sbagliate. Quello che è successo loro potrebbe succedere a ogni blog che commenta e condivide notizie riguardanti l'omosessualità e soprattutto gli atti omofobi che in questo paese sono sempre più all'ordine del giorno, e se non si interviene a gran voce per denunciare questo episodio, la democrazia e la libertà d'informazione resteranno veramente nelle sole mani di chi parla di propaganda omosessuale quando si agisce per garantire i diritti LGBT.

Condividete il più possibile questo post perché, qui, si agisce per la nostra libertà.

Ecco il testo della lettera inviata ai quotidiani e pubblicata sul blog


Senza alcun avvertimento e senza alcuna notifica in merito, il 20 dicembre 2015, l'accesso a Gayburg è stato limitato per decisione unilaterale da parte di Google. L'accesso ai contenuti può avvenire solo dopo che l'urente ha visualizzato un messaggio in cui il gestore del servizio Blogger lo informa che «alcuni lettori hanno contattato Google perché ritengono che i contenuti di questo blog siano discutibili». Inutile a dirsi, un messaggio simile scredita qualunque posizione sia contenuta in un blog che da oltre dieci anni di occupa di fornire un'informazione corretta e sempre documentata.
Inoltre, proprio a seguito di quella decisione, tutti i contenuti sono stati anche eliminati dai motori di ricerca, risultano non condivisibili su Facebook e sono stati esclusi da Google News e Bing News (due servizi che avevano manualmente validato e reputato di buon livello i contenuti proposti). In altre parole, il sito è stato rinchiuso in una bolla di sapone che non può comunicare con l'esterno.

Il caso non è isolato: solo qualche giorno prima è stata oscurata la pagina Facebook delProgetto Giovata (un lodevole progetto che si occupa di spiegare come omosessualità e fede cristiana possano tranquillamente convivere anche senza ricorrere al'autolesionismo di chi indica la castità come l'unico metodo per poter conciare i due temi). Anche in quel caso pare che la decisione sia avvenuta per volontà di un colosso statunitense a seguito della segnalazione organizzata da un gruppo ignoto. E caso vuole che anche loro fossero oggetto i forti critiche e minacce da parte dei gruppi dell'integralismo cattolico.

Non è infatti la prima volta che Gayburg viene preso di mira. La critica ad alcuni articoli è parte delle conferenze che Gianfranco Amato, presidente dei Giuristi per la vita, è solito tenere in chiese ed oratori, così come anche Mario Adinolfi lo attaccò dalla sua paginaFacebook. Inoltre, all'inizio di novembre, l'associazione ProVita aveva chiesto alla Procura di Roma di oscurare il sito in seguito alla pubblicazioni di alcuni articoli in cui venivano criticate le loro posizione volte a sostenere che le famiglie debbano spingere i figli transessuali a fingersi eterosessuali. Non essendo sopraggiunto alcun avviso di garanzia e non essendoci stato alcun oscuramento, pare che la Procura non abbia dato seguito a quelle richieste. Eppure l'oscuramento è comunque giunto un mese più tardi, a seguito a quello che pare sia stata una segnalazione di massa da parte dei soliti ignoti.

Alla richiesta di spiegazioni ci viene detto che Google non ha messo quel blocco, ma a farlo sono stati «alcuni lettori». Viene altresì sostenuto che un blog può esistere solo se nessuno si oppone ai suoi contenuti. In pratica, ogni azione organizzata può portare alla censura di qualunque contenuto, indipendentemente dal fatto che la richiesta sia lecita o meno.
Diventa quindi impossibile poter criticare quei gruppi lobbistici che gestiscono gruppi di potere forti (come come era stato spiegato anche in un recente reportage pubblicato sul sito).

Un messaggio in particolare pare degno di nota. Dal supporto del servizio di Google ci viene detto che un blog viene ritenuto accettabile solo se volto ad «aiutare le persone non gay capiscono le questioni relative ai diritti dei gay, la discriminazione, diffamazione». In caso contrario è ritenuto un contenuto in cui «dare alle persone omosessuali un posto dove rilassarsi, e fare "ooh" e "aaah" sulle immagini».
Il solo fatto che Google mimi versi orgiastici nell'indicare ciò che un gay dovrebbe fare dinnanzi alla fotografia di Giovanardi pare un'offesa grave, ma soprattutto appare grave come non sia contemplata l'ipotesi in cui un blog possa rivolgersi alla comunità gay per intercalare temi sociali con argomenti più leggeri. Un sito che dovesse occuparsi esclusivamente di Adinolfi o Amato rischierebbe di spingere un qualunque lettore verso la depressione, motivo per cui si tratterebbe di un progetto editoriale fallimentare a propri.
A quel punto le soluzioni che vengono paventate sono tre: mantenere un avviso che renda inaccessibili i contenuti, «non pubblicizzare il sito a persone non gay» o «concentrarsi sulle questioni relative ai diritti dei gay ed educare le persone non gay». In altre parole, o si crea un sito dedicato agli eterosessuali o bisogna nascondersi.

Dinnanzi a tutto ciò, appare difficile non parlare di un attacco alla libertà di opinione, peraltro legittimata da un gruppo come Google dal quale ci si sarebbe potuti aspettare un atteggiamento di maggior tutela verso la libertà di espressione.

Ma a rendere il fatto ancora più difficile da digerire quella è come il colosso statunitense blocchi siti che si battono per i diritti dei gay mentre tollera e non filtra contenuti pericolosi per la salute dei ragazzi. Ad esempio non c'è filtro per accedere alla pagine del Narth in cui si sostiene che l'omosessualità possa essere curata attraverso fantomatiche terapie. Una tesi vietata in numerosi stati, screditata dall'Oms e vietata dall'Ordine degli Psicologi Italiani. Eppure far credere che l'omosessualità sia una malattia è ritenuto accettabile, battersi per il diritto all'uguaglianza pare non lo sia.
E se di discrezionalità si deve parlare, di contenuti opinabili proposti senza filtri ve ne sono a migliaia. Tra questi anche chi si nasconde dietro l'uso di immagini sacre per cercare di legittimare posizioni verso le quali il Ministro Giannini aveva promesso azioni legali per diffamazione. Ma, ovviamente, quei contenuti vanno bene perché non ci sono ragazzi a torso nudo.