La comunità LGBT ha davvero bisogno delle icone gay? I commenti dei blogger italiani

A cura di Francesco Sansone
Grafica di Giovanni Trapani









Mina, Raffaella Carrà, Patty Pravo, Lorella Cuccarini, Ambra Angiolini, Sabrina Ferilli, Barbara D'Urso, Maria De Filippi, Marcella Bella, Orietta Berti, Laura Pausini e molte altre artiste italiane hanno il pregio (o il difetto dipende dai punti di vista) di essere considerate delle vere e proprie icone gay, ma fra quelle nominate, tutte meritano realmente tale titolo?
Cosa significa essere un'icona gay?
Che cosa fa sì che un personaggio diventi tale e soprattutto cosa deve fare un'icona gay per dimostrare che crede davvero alla causa LGBT?

Dopo le nuove polemiche nate sulle dichiarazioni di Lorella Cuccarini, non posso non chiedermi: se lei è un'icona, chi è una dettatrice?
Basta davvero dire frasi come "ho tanti amici gay; li adoro  perché hanno una marcia in più; sono sensibilissimi", per diventare un'icona?

Come sa chi legge Il mio mondo espanso, quando c'è un tema che merita di essere commentato da più punti di vista, chiedo ad alcuni amici un parare per sapere come la pensano e tirare un filo conclusivo alle mie riflessioni. Anche in questo caso, quindi, ho chiesto ad alcuni dei più noti blogger che affrontano tematiche omosessuali di darmi una loro personale opinione sul tema. 
La domanda che ho formulato a Jimi Paradise dell'omonimo blog di gossip, a Wally Rainbow del blog Wally Rainbow's world e a Mirko Criscolo di M on stage è stata: "La comunità LGBT ha davvero bisogno di icone e se sì cosa dovrebbero fare queste per sostenerla oltre a dire "li adoro, sono sensibili e hanno una marcia in più?"
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Il primo a rispondermi è stato il fashion blogger Mirko Criscolo:
"Le cosiddette 'icone gay', che altro non sono che dei personaggi famosi amati dal popolo omosessuale, hanno un ruolo importante per la sensibilizzazione sulle tematiche LGBT. A mio parere, ci sono quelle che hanno un ruolo più importante e quelle che ne hanno uno marginale. Infatti, molte di esse potrebbero (o dovrebbero) fare di più che usare a ogni intervista la classica frase "li adoro" che ormai sa tanto di risposta generica che si sente ovunque, tipo "non ho nulla in contrario, ho tanti amici gay", e che sostanzialmente non dice nulla di concreto lasciando il tempo che trova. Ma già il semplice fatto che un personaggio di una certa importanza mediatica dica queste due paroline aiuta molto spesso a suscitare l'interesse di chi li segue sull'argomento e magari, non avendo preso una posizione in merito, a pensarla nello stesso modo. Al contrario, invece, ci sono celebrità che fanno realmente la differenza scrivendo canzoni, creando fondazioni per i più giovani, partecipando ai pride mettendo in gioco la propria immagine o addirittura prendendo delle scelte di vita per sentirsi vicino agli omosessuali tipo il non sposarsi finchè TUTTI non abbiano il diritto di farlo nella propria nazione. Dunque mi sento di dire che, se preso sul serio e non come un modo per fare più soldi o venire venerati e invitati a qualche serata a tema, essere un'icona gay è un 'ruolo' molto importante da ricoprire ed è qualcosa di cui la comunità LGBT non può fare a meno per difendere i propri diritti."

Jimi Paradise, invece, mi ha detto:
"Non credo che la comunità LGBT abbia bisogno di icone, ma di punti di riferimento, cosa ben diversa! Noto da anni che si parla di icone dei gay, per esempio Madonna, ma spesso si fanno coincidere le nostre passioni con personaggi più o meno gay-friendly. La comunità LGBT in Italia non ha punti di riferimento veri, personaggi a cui affidare le nostre speranze di cambiamento, come spesso avviene all'estero. Molto spesso sui media e, in particolare, in TV sono ospitati quelli che io chiamo le "macchiette gay": personaggi da commedia all'italiana, colorati e coloriti nel linguaggio, più facilmente digeribili dal pubblico generalista (almeno questo è quello che pensa chi fa programmi): niente di più falso e dannoso! Invece ho pensato "finalmente!" quando ho sentito l'appello di Antonacci alla riforma delle adozioni: finalmente chi ha potere mediatico lo usa per cercare di cambiare le cose, persino su Vatican TV!"

Infine Wally Rainbow mi ha risposto:
"Allora, prima di tutto penso che sia il caso di chiarire il concetto di comunità LGBT e icona LGBT, visto che sono due concetti che non sono poi così chiari e condivisi. Prima di tutto cos'è una comunità? Un insieme di persone che ha qualcosa in comune? Che condivide gli stessi spazi nella società? O c'è dell'altro? E la comunità LGBT che cosa ha in comune? L'orientamento sessuale non eterosessuale? E allora perchè non si parla di comunità etero, ma si parla di comunità etniche e/o religiose? Il fatto è che una comunità, per essere tale, condivide soprattutto una cultura. E per cultura non intendo un'insieme di conoscenze in stile enciclopedia, ma l'insieme delle espressioni di un'identità condivisa. Per dirla in parole semplicissime: l'omosessualità è un orientamento, ma attorno a questo orientamento si è costruita anche un'identità sociale, con i suoi riferimenti artistici, linguistici, musicali, ecc. Assieme a una serie di principi, ideali, speranze, necessità e tutto il resto. 
Tecnicamente un'icona gay dovrebbe essere un personaggio pubblico che rappresenta al meglio questa "cultura LGBT", e ne diventa il simbolo. Perciò un'icona gay può essere un attore o un cantante gay dichiarato, piuttosto che un'attrice che si schiera a favore dei diritti gay o un porno attore che incarna gli ideali omoerotici della sua generazione. In tutti questi casi si tratta di icone che in qualche modo hanno fatto qualcosa per meritarsi questo titolo, ma in Italia veniamo da decenni di repressione culturale e questo tipo di icona gay è ancora una novità. Infatti, fino a poco tempo, fa l'esigenza - sacrosanta - della comunità gay italiana di avere delle icone di riferimento trovava uno sbocco dando questo titolo a persone che solo in rari casi avevano fatto qualcosa di concreto per meritarselo. Nello specifico bastava che un artista di sesso maschile si ponesse in maniera un po' "alternativa" o non smentisse certe voci sul suo conto, per essere "adottato" dai gay italiani. Con le artiste femminili, e in particolare le cantanti, la situazione è un po' più complicata. Premesso che il presupposto essenziale era che fossero già molto famose, a qual punto bastava che rispondessero ad almeno due dei seguenti requisiti: 
1) Una vita sfortunata e amori difficili, 
2) Un look trasgressivo, 
3) Canzoni con testi/videoclip interpretabili in senso "gay", 
4) La riprovazione da parte dei benpensanti, 
5) Un'amico/parente/collaboratore palesemente gay, 
6) Una presa di posizione netta a favore del mondo gay. 
Ovviamente in Italia quasi nessuna, fino a poco tempo fa, rispondeva al requisito numero 6, ma, siccome non c'era molta scelta, i gay italiani chiudevano un occhio. Adesso, però, le cose sono cambiate, anche perché la sensibilità dei gay italiani su certe questioni è aumentata. Una volta, forse, poteva bastare la classica frase "io adoro i gay e loro mi adorano", ma se adesso una frase del genere non viene seguita da una presa di posizione netta nei confronti della "causa gay" suona quasi come una presa in giro. Soprattutto se una presunta icona dice di adorare i gay, ma di essere contraria a cose come i matrimoni gay e le adozioni. E infatti in quel caso viene depennata dalla lista. 
In conclusione, per come la vedo io, le icone gay sono simboli, e i simboli servono sempre per consolidare il senso di appartenenza di una comunità. Tuttavia oggi il titolo di icona gay è qualcosa che va conquistato, e va portato avanti con coerenza e consapevolezza, anche perché gay che si lasciano raggirare sono sempre meno. Per fortuna."
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http://www.ibs.it/code/9788897309215/sansone-francesco/oltre-evidenza-racconti.html
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Dopo aver sentito i loro pareri, dei nomi elencati sopra, le uniche tre artiste che meritano il titolo di icona sono Ambra Angiolini, Laura Pausini e Mina.

Ambra Angiolini perché ci ha messo davvero la faccia per la lotta lgbt partecipando, fra l'altro, alle iniziative del circolo Mario Mieli e facendo da madrina al gay pride del 2000.
Laura Pausini perché non solo ogni volta che può sostiene la comunità LGBT facendo da madrina all'amore gay in tv e nei suoi concerti, ma anche perché ha dichiarato che non sposerà il suo compagno fino a quando anche le coppie omosessuali non potranno fare altrettanto.
Mina perché non solo ha preso posizione a favore della comunità LGBT, ma si è schierata con essa durante il caso Barilla e ha più volte parlato di omosessualità, difendendola fortemente, nella sua rubrica su Vanity Fair.

E tutte le altre?
So che fa chic - citando la Bella - dire di avere tanti amici gay, ma credo anche che una persona vorrebbe che chi si reputa tale capisca come ci si sente in uno Stato in cui non solo non ci vengono concetti diritti, ma dove il primo venuto si permette di offenderti se dici che da gay vuoi farti una famiglia, vuoi avere dei figli, o, semplicemente, perché non la pensi come un Maurizio Gasparri qualunque.
Se un mio amico vive un disagio cerco di fare il possibile per aiutarlo, di certo non gli vado a dire "sei sempre il mio best friend, ma quello che vuoi è contro natura e quindi lo aborro." L'amico non è un parente che ti capita per motivi di sangue e non è nemmeno un politico che risiede al parlamento senza essere stato scelto dal popolo. E' una persona che scegli perché ti assomiglia, perché c'è sintonia, c'è empatia, c'è feeling. Se uno di questi aspetti manca, non si può parlare di amicizia, ma di conoscenti da frequentare quando non abbiamo nessun altro con cui uscire.
E il discorso delle icone è lo stesso. Un gay sceglie la propria icona per ciò che dice e che fa e se questa si dice fiera, orgogliosa, onorata di esserlo non si può limitare a frasi fatte, ma deve dimostrare che capisce quel fan e vuole lottare dalla sua parte. 
Non si può stare con due piedi in una scarpa per interessi personali perché non è corretto, non è giusto, non è morale.
Quindi, concludendo, le persone lgbt hanno sì bisogno di icone, ma meritano artisti che le capiscano seriamente e mettano la loro voce per aiutarli a ottenere quei diritti che ancora non hanno. 
La stima non si compra. Punto.