Il viaggio dell'abbandono


 


Fiorenza stava seduta davanti il tavolo della sua bella cucina. I gomiti appoggiati a questo e le mani unite che dolcemente premevano sulla sua fronte. Sembrava stesse pregando ma in realtà lei stava semplicemente vagando tra i suoi pensieri, ora che poteva, ora che le era concesso farlo senza dover per forza dar conto alle figlie, e al marito. Pongo, il cane che era entrato a far parte della loro famiglia da qualche anno, la osservava con devozione dalla cuccia posizionata in un angolo della stanza dove sognava la sua padrona.
Ad un tratto Fiorenza poggiò anche le mani sul tavolo e aprendo gli occhi cercava di scrutare con avido sguardo ogni angolo della stanza in cui si trovava, posando lo sguardo sul suo amico peloso iniziò a parlargli:
-          Figlio mio, iniziamo la giornata? Concediamoci questi ultimi giorni qui con serenità, poi la prossima settimana cambieremo aria e città… -
In effetti, tranne che per la cucina, tutto il resto della casa era un cumulo di scatoloni imballati e oggetti posati a terra, che un tempo forse risiedevano in qualche mobile, probabilmente smontato. Quella casa tanto sognata e comprata con immensi sacrifici, non poteva più contenere la famiglia di Fiorenza, che in quel periodo si trovava in acque burrascose. La vista che si poteva godere da una parte della casa delle montagne del palermitano non era più un loro privilegio.
Al momento del trasloco la casa era solo un agglomerato di mura spoglie e lisce, solo una cosa non era riuscita a portarsi la padrona di casa chiusa la porta d’entrata di quella splendida dimora che aveva visto crescere e formarsi una famiglia; un suo pezzo di cuore era rimasto ancorato ai muri portanti di quell’appartamento, perché oltre non sarebbe potuto andare.
Il marito per poter risollevare la famiglia dalla crisi che li aveva travolti, aveva dovuto cedere anche la sua attività e tutta la famiglia si era trasferita nella casa di campagna che fino ad allora era rimasta grezza, e che adesso era stata definita del tutto per poter accogliere quelle persone che vedeva solcare i suoi pavimenti in cemento grezzo per i mesi estivi.
Gli anni passavano quanto meno felici in quel nuovo nido, la famiglia si era allargata con l’accoglienza di qualche micio randagio che varcava la soglia della loro proprietà e di un nuovo cane che era diventato il nuovo fedele amico di quegli esseri umani, poiché il povero Pongo aveva lasciato questo mondo qualche anno prima. Una delle figlie si era sposata da un po’ di anni e aveva già dato alla luce una nipotina per Fiorenza e una nuova era quasi in arrivo. Fiorenza però non era al corrente che un nuovo terremoto avrebbe smosso le fondamenta di quella famiglia, come se di vicende sfortunate non ne avessero mai affrontate. Un male cominciava a radicarsi sul suo cuore ramificandosi nel pancreas silente nella sua opera di distruzione e avvertendo la malcapitata solo nei mesi a cavallo tra la primavera e l’estate. Era tardi quando scoprirono la vera causa dei suoi continui dolori addominali e intestinali.

Petali di rose e piume bianco puro
Cadono dal cielo e si posano sulla mia pelle stanca.
Gli Angeli iniziano a spiumarsi per me,
Donarmi nuove ali per raggiungere il Divino vogliono,
donarmi nuove vesti con le rose delle nuvole possono,
e io inerte per il male che mi affligge,
concedermi a questi doni del cielo devo.
Le campane suonino, ora posso raggiungere l’infinito e l’eterno.

Ma c’era qualcosa che a questa festa mancava, in un viaggio verso l’orizzonte il cuore deve essere integro ed un pezzo era stato lasciato da Fiorenza lì dove la sua vita era fiorita e raccoglieva i semi germogliati del suo amore. Fu cosi che il destino le riservò un trattamento speciale, il viaggio per lei doveva essere compiuto, nel migliore dei modi, la vita le doveva almeno questo dopo averle dato delle prove difficili da affrontare. Negli ultimi giorni sulla Terra il caso volle che per i suoi dolori, perché il male non allentava le tenaglie che la stringevano a sé, venisse portata in una clinica che le avrebbe addolcito la discesa al sonno dolce dell’abbandono. Una clinica situata proprio a qualche metro in linea d’aria alla casa che con immensa tristezza dovette lasciare molti anni prima per risollevare la famiglia dall’ansia del denaro mancante. La sua anima ha potuto cosi salire nuovamente in quell’appartamento situato al quinto piano e riprendersi quel pezzo di cuore ancorato alle sue pareti. Che sollievo ritrovarlo palpitante li in attesa che la sua padrona potesse tornare a riprenderlo. E fu cosi che in quella clinica si spense, con le piume donate dagli Angeli del cielo le si crearono due splendide ali di un puro bianco brillante; con i petali delle rose delle nuvole ha potuto vestirsi, e con il cuore integro e intero ha potuto intraprendere il suo viaggio dove l’orizzonte è qualcosa di definito.

E se magari il vero dono della vita fosse proprio la morte? Per tutti coloro che ho perso spero tanto sia cosi davvero!
Buon viaggio zia Fiorenza!

Rubrica: Gianni
Grafica: Giovanni Trapani