Morire per non soffrire: Moda o voglia di riscatto?


 L’intenzione era quella di parlare della storia dell’ennesimo ragazzo che a soli quattordici anni, dopo una serie di abusi e atti di bullismo ha deciso di togliersi la vita per rimuovere “quel masso che gli comprimeva il petto e non lo faceva respirare”(parole che il ragazzo disse alla nonna qualche giorno prima che la tragedia si compisse).

Mi sono però imbattuto in un blog dove si parlava di questa triste storia e nello strascico di commenti che seguivano l’articolo in questione.

Leggendo gli interventi degli internauti mi sono soffermato a riflettere sulle loro parole e quindi l’articolo che pongo alla vostra attenzione sarà diverso dal solito fatto di cronaca a cui so, si è già dato molto adito.

Ci si chiede molto spesso ad esempio se questo migrare verso lidi più sicuri quali il “paradiso delle anime” non stia diventando una vera e propria moda dei “martiri”. Fosse davvero cosi penso non stia per niente portando a buoni frutti perché i bulli non diminuiscono gli omofobi pare aumentino e i codici non cambiano per evitare o sedare queste aggressioni psicologiche.

Io penso invece che stia diventando una moda scovare queste notizie; si badi bene non lo dico in senso negativo, ben vengano mode del genere, ma negli anni passati secondo me poco si sentiva parlare di ciò per una serie di motivi; il primo fra tutti è l’ampliamento dei canali di comunicazione. Del resto se osserviamo i telegiornali, almeno quelli italiani ancora poco approfondiscono il tema del suicida “gay” vittima di bullismo o atti omofobi. Canali impregnati di istituzione che probabilmente al loro interno sanno cosa possa “piacere” alla gente(un anno si parla dell’ omicidio di Cogne, due anni quello di Sara, un anno la  sparizione di Yara e ora sentiremo per un anno la tragedia della Concordia) o meglio preferiscono dilazionare una vicenda a più puntate piuttosto che occuparsi anche di altro. Il canale di internet invece apre le strade a quella informazione-comunicazione non filtrata da istituzioni e reti bigotte  e le notizie passano direttamente attraverso la gente comune risuonando come campane bramose di essere ascoltate(o lette) da altra gente comune che poi a sua volta le condivide. Un altro motivo è probabilmente dovuto ad una certa apertura mentale delle masse, anche se poco considerata. L’esigenza di volersi vivere l’unica vita che si ha a disposizione liberamente ha portato comunque ad un cambiamento di rotta da parte della popolazione lgbtq, questo lasciatemelo dire è innegabile. Anni fa era davvero raro sentire di una persona che aveva fieramente parlato della sua omosessualità o lo aveva fatto noto alla comunità. Oggi molte persone hanno scelto la libertà alla menzogna, anche se il cammino è pur sempre lungo e arduo non si può dire che qualche passo non si sia fatto. Il problema semmai è proprio quello di scardinare il sistema informativo televisivo della cronaca a soap opera per una redistribuzione dell’informazione che parli anche di questi casi, che sarebbero quindi sottoposti agli occhi di gente che internet non sa nemmeno come funzioni.

Ho letto poi di un’intolleranza verso queste notizie, stanchi forse di vedersele sbattere nei blog sei giorni su sette(forse perché in questi sei giorni sei vittime di se stessi  e della società si sono spente). Ho letto della negazione della compassione a queste persone che non hanno avuto il coraggio di vivere nella società omofoba in cui si trovavano. Penso sia condivisibile la stanchezza nel vedere sbattute in 1500 blog di informazione esistenti queste notizie, ma presumo che la stanchezza di molti di noi è per lo sconforto che si prova nel leggere di queste notizie. È vero anche che molti di noi hanno avuto a che fare a loro tempo con atti di bullismo e omofobia ad opera dei coetanei, e di conseguenza hanno saputo sobbarcarsi questi insulti e questi atti andando avanti e creandosi una propria corazza ricercando quella libertà di vita che tanto hanno rincorso. Ma se alcuni di questi non ce l’hanno fatta, non sono riusciti a sopportare queste tremende torture psicologiche cosa ci incaxxiamo a fare con loro? Innanzitutto solo loro possono sapere cosa hanno provato nel loro intimo quando subivano questi atti verbali e a volte anche fisici, e non credo sia nostro compito giudicare le loro coscienze e il loro coraggio. Credo che se proprio vogliamo prenderci il diritto di ritenerli deboli, dobbiamo anche di conseguenza ritenerci cosi forti da creare strumenti nuovi o potenziare quelli esistenti  perché si possa dare un supporto valido affinché non si veda più scritto “ragazzo suicida perché gay e perseguitato” ecc.

Dietro un computer è facile dire che una persona è debole tanto più che ormai questa giace inerte sotto terra e il suo mondo infranto sotto le scarpe di chi ha osato calpestarglielo; con frasi del genere non facciamo altro che frantumare ancora di più quei frammenti di mondo interiore ormai rotto.
Non più ai posteri, semmai ai presenti, l’ardua sentenza.

Rubrica: Gianni
Grafica: Giovanni Trapani