I racconti Brevi di Gianni - Il cancro della paura


Prologo
Come nascono gli amori, cosi possono anche finire e per le situazioni più variopinte. Quando si ci mettono poi problemi derivanti dalla sfera di terze persone ugualmente importanti alla persona amata è ancora peggio perché si entra in un conflitto di sentimenti. Se poi ad aggravare tutto questo ci si mette la paura di esporsi, che come un cancro se non combattuto in tempo, ci divora senza tregua e non si può fare altro che rassegnarsi e prendere coscienza dello stato delle cose!(nell’autunno che scorre, un’altra storia dal sapore ricco e triste della malinconia)
Vi auguro una buona lettura!
Alla prossima.
Gianni



Il cancro della paura

Che vita sarebbe stata la mia adesso che non riuscivo più a vedere il mio futuro in maniera cosi nitida? Edo si era portato la parte più pura di me, l’aveva risucchiata, come un vortice fa di ciò che incontra il suo cammino, e l’aveva inglobata a sé. Oramai avevo senso solo se lui illuminava la mia strada, ero diventato un satellite e non più il suo Sole come i primi giorni in cui ci conoscemmo. Mi aveva irretito con le sue parole, dolci e passionali, focose e romantiche, nitide ed enigmatiche allo stesso tempo. Non lo capii mai fino in fondo, e senza accorgermene erano già passati alcuni mesi in sua compagnia. Se lo cercavo molto spesso rimanevo deluso dei suoi comportamenti, perché o si negava o mi negava direttamente la possibilità di interagire con lui. Quando poi pensavo si fosse spezzato il filo debole che ci univa, lui con fulminea velocità recuperava le due parti di questo filo e le ricongiungeva facilmente, perché io glielo lasciavo fare. Mi piaceva e mi distruggeva questo gioco al massacro che si era creato fra di noi. Poi un giorno decisi davvero di farla finita con questa storia, pensavo avessi esaurito tutte le mie energie e che non sarei riuscito ad investirne delle altre. Passò circa un mese senza sentire quella persona che mi aveva dato tanto energia, e che me ne aveva tolto il doppio. Lo incontrai dopo un mese in una serata in cui scoprii con orrore di avere amici in comune con lui e che giusto in quella occasione anche lui era presente. Cercavo in tutti i modi di sfuggire  ogni occasione maledetta potesse metterci in stretto contatto. Lui però non era della mia stessa idea. Appena mi vide il suo unico obiettivo durante la serata era di cercare il modo di poter scambiare anche due parole con me. A fine serata con un pretesto dovetti accompagnarlo a casa, diceva che gli si era scaricata la batteria della macchina, e lo era davvero scarica. Lo stronzo mi disse tempo dopo che scese in fretta ad accendere fari e stereo della macchina sperando che il tempo rimasto bastasse a far azzerare la carica della batteria; il destino era anche dalla sua parte. Con quel pretesto riuscì a parlarmi, come solo lui era in grado di fare e ad accendere i miei sensi. Mi ritrovai poco dopo sul mio letto a gridare il suo nome e maledirmi per non averlo fatto rientrare prima nella mia vita. Da quel momento in poi l’assetto della nostra storia prese una piega diversa. Si era stancato probabilmente anche lui di questo tira e molla continuo, ora voleva solo passare gran parte del suo tempo con me. Sono stati forse i mesi più belli della mia vita perché non ero solo io che illuminavo il suo viso con la sua presenza ma lui faceva lo stesso con il mio e i nostri cuoi pulsavano solo grazie alle vibrazione che il cuore dell’uno trasmetteva all’altro. Senza nemmeno accorgercene passammo il primo anno di vita insieme rinnovando ogni giorno il nostro amore e cullandoci nelle nuvole che l’innamoramento può dare a chi prova un sentimento del genere. Una mattina di maggio ci eravamo appena svegliati e stavamo facendo colazione al tavolo della mia cucina; era da un paio di giorni che iniziavamo a parlare di cambiare casa, lasciando io la mia e lui la sua, e prendendo una casa insieme piuttosto che fare i nomadi per un paio di giorni a settimana alternandoci. Guardavamo gli annunci su internet, e parlavamo di come potevamo arredare la nostra futura casa. Questi sogni furono interrotti da una chiamata. Il suo cellulare iniziò a vibrare ed ebbi la sensazione che oltre al suo cellulare stesse vibrando tutto quello che mi era attorno. Mi sentii mancare la terra sotto i piedi, non mi seppi spiegare il motivo, almeno fino a quando Edo non chiuse la sua chiamata. Era sua sorella, a quanto pare a sua madre era stato diagnosticato un cancro e la situazione non era proprio delle più speranzose. Non finì nemmeno la colazione, si alzò di fretta dalla sedia, prese le chiavi di casa sua, mi baciò e corse verso casa sua per fare la valigia. Lui si era trasferito a Torino da tre anni, ma era originario di Cagliari. Lo sentii nel primo pomeriggio al cellulare quando erano già passate poche ore dal suo arrivo in Sardegna:
-          Come sta? E tu?
-          Amore qui le cose non sono proprio messe bene, dovrò fermarmi per qualche settimana qui per dare una mano alla famiglia e vedere cosa fare per mia madre!
-          Certo lo capisco Edo! Vuoi che ti raggiunga? Posso chiedere un permesso da lavoro per qualche giorno, il tempo di organizzarmi e sarei da te massimo in due giorni!
-          No no, che vieni a fare! I miei non sanno di te….e di me! Non voglio che lo scoprano quindi rimani lì! Mi faccio sentire io! Ora devo andare, scusa, un bacio!
Detto questo senza nemmeno aspettare una mia risposta chiuse il telefono. Non avevo la minima idea che la sua famiglia fosse allo scuro della sua situazione sentimentale e del suo orientamento sessuale. Questo era il preludio di qualcosa che probabilmente si sarebbe rotto definitivamente? No, non poteva finire cosi, mi convinsi che dovevo pazientare, lui si trovava in una situazione delicata e io non potevo per quanto possibile fargli mancare il mio appoggio proprio ora.
Quando il giorno dopo tentai di richiamarlo lui non rispose agli squilli fatti, pensai che aveva il cellulare impostato senza la suoneria e aspettai che mi richiamasse lui. Ciò non avvenne, o meglio mi scrisse solo un sms telegrafico:
“mia madre deve fare la chemio, ho chiesto il trasferimento della sede di lavoro qui, probabilmente me l’accorderanno, mi faccio sentire io, non c’è bisogno che chiami. Un bacio grande, ti amo!”.
Sentii di nuovo vibrare il pavimento sotto i miei piedi come quella mattina che Edoardo ricevette quella telefonata. Quindi era deciso, lui si stava trasferendo nella sua terra natia per dare concretamente una mano alla sua famiglia, e io in questa situazione non avevo nessun ruolo.
Da quel momento non sentii più il mio amore travagliato, tormentato dai dolori della madre per la malattia e dalle cure devastanti della chemio, venivo solo aggiornato quasi a cadenza settimanale della condizione di quella povera donna; di come stava lui non me ne faceva la minima parola, ma era inutile pure dirmelo, capivo benissimo che non stava bene in quella situazione. Dopo due mesi passai un giorno dal palazzo dove lui abitava, dove avrebbe dovuto abitare ancora per poco perchè stavamo organizzando di andare a vivere sotto lo stesso tetto, e vidi un cartello appeso al muro della palazzina con la scritta “affitasi”. Mi informai con un condomino che stava appena uscendo dal portone e capii, o meglio realizzai quello che già avevo capito; Edoardo aveva lasciato la casa, si era quindi davvero trasferito a Cagliari e non mi aveva fatto parola di queste nuove vicende. Dopo qualche giorno dagli amici in comune con Edoardo seppi che la mamma se ne era andata il giorno prima e che stavano organizzando una partenza per andare al funerale che si sarebbe tenuto l’indomani. Decisi di unirmi a questa compagnia, era mio dovere dare un saluto ad Edoardo, chiaro perché era palese anche se velata che la sua partenza aveva segnato la nostra storia. Fino  a quel momento avevo sempre sperato che lui mi dicesse di raggiungerlo, di sostenerlo e sorreggerlo in quel percorso devastante che lo avrebbe portato a dire addio a sua madre. Io non ero riuscito cosi tanto ad entrare nel suo cuore da essere ritenuto un valido supporto.
L’indomani mi ritrovai a Cagliari per la celebrazione funebre, eravamo tutti un po’ nervosi e frustrati per il viaggio organizzato cosi di improvviso, non sapevamo muoverci bene in quella città e con non poche difficoltà riuscimmo ad arrivare alla chiesa dove si teneva la messa dell’ultimo saluto, anche se era già iniziata da un pezzo. Alla fine della celebrazione ci avvicinammo a salutare i parenti più stretti della defunta e quando Edo mi vide per poco non svenne. Aveva l’aria trasandata, era invecchiato di qualche anno e il suo volto era segnato dalle lacrime che in quegli ultimi giorni erano diventate le uniche carezze che il suo viso riceveva.
Gli diedi un abbraccio affettuoso e gli feci le mie condoglianze…per tutto! Capì anche lui che quel “tutto” significava davvero tutto! Condoglianze per una madre che non c’è più e insieme a lei per un amore che è morto ancora prima che sua madre spirasse per l’ultima volta.
È passata una settimana e ancora mi chiedo cosa sarà della mia vita ora che Edoardo non ne fa più parte, sono contento di avere chiuso questa storia che forse mi avrebbe solamente fatto soffrire, ma l’idea di non rincrociare più quei suoi occhi brillanti, perché riflettevano sui miei, mi porta un dolore pazzesco al cuore. Percorro le strade notturne e solitarie di Torino in cerca di un amore che il cancro si è portato via. E intanto un nuovo giorno almeno per me sta nuovamente venendomi incontro, senza che sia il mio sole a farlo risplendere e attingendo questa luce dal Sole comune.

Rubrica: Gianni
Grafica: Giovanni Trapani