Numero Zero14 - Speciale 1.000 visite - Tutto iniziò così...

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1.000 visite



Oggi con mia grande sorpresa vedo questo numero. Sono rimasto scioccato, ma anche, perchè negarlo, felice perché vuol dire che quello che faccio nei tre blog è gradito da tutti voi. Quindi voglio ringraziare tutti voi che mi seguite pubblicamente e anche a tutti quegli anonimi che lasciano i loro commenti. Ringrazio Giovy  che mi ha fatto entrare nella dimenzione di blogspot e che è stato il primo a "seguirmi" (ma infondo lui è di parte ^-^) e  il mio caro amico Gianni (per me P.), ma pure Majin che è stato il primo che, pur non conoscendomi, ha iniziato a seguirmi, ad apprezzare il mio lavoro e a dirmi di non mollare tutto, quando il pensiero mi era balenato in testa, e ancora SkraM e tutti voi altri che siete arrivati pian piano entrando così nel mio mondo espanso e scoprendo un nuovo mondo.
Comunque non mi perdo più in parole e dato che tutto ha avuto inizio 1.000 visite fa, oggi voglio ripubblicare il primo post con cui tutto ha avuto inizio, però vi aspetto con le nuove storie di Racconti d'estate già da giovedì e naturalmente con Numero Zero, anche su Il mondo espanso del cinema gay e Il mondo espanso dei romanzi gay. Ciao e grazie ancora.
FrA'






Tutto iniziò così...






Lulú



La notte in cui venne ritrovato il corpo di quella ragazza, quasi nessuno la conosceva.
La luna, in tutto il suo splendore, nella sua totale pienezza, osservò, anche lei, la scena che avrebbe impietosito chiunque.
Sara, tanto bella quanto sfortunata, stava lì, immobile, il marciapiede era il suo letto, la strada la sua casa… la chiesa all’angolo suonava l’ultimo rintocco della mezzanotte quando giovani donne, poco più che bambine, ragazzi e travestiti, vendevano il proprio corpo a coloro che, in macchina, si avvicinavano per appagare i propri sensi. Quella chiesa… la notte e il giorno, l’ombra e la luce, la morte e… la vita? Anche quella notte, una come tante altre, la stessa di ieri, uguale a domani: il via vai di auto, ragazzi e ragazze andavano e venivano, fuochi accessi sui cigli delle strade; però quella, ormai prossima al termine, non fu come le notti sorelle. Quella sera la luna vide l'orribile e ingiusto delitto che un pazzo, forse per provare un ulteriore momento di piacere, aveva commesso.







- Chi è questa povera disgraziata?, - domandò il commissario ad uno dei suoi agenti, appena arrivò sul posto.





- Non si sa, signore! Nessuno la conosce qui. Era nuova del giro e non aveva stretto contatti con nessuna delle altre ragazze che bazzicano solitamente su questa strada. Però mi è stato detto che l'unica persona con cui ha instaurato un rapporto di amicizia è una certa Lulù. - rispose il poliziotto.





- E dove si trova adesso questa Lulù? - chiese il commissario, un ragazzo di trent'anni, molto alto e affascinante.





- È andata via con un cliente circa un'ora fa e ancora non è tornata. Chissà come se la staranno spassando!




- Mostri un po' di rispetto agente Paoli!Si trova pur sempre davanti a un cadavere! Aspetti che torni la signorina, l'accompagni al commissariato e speriamo che ci possa dare qualche notizia su questa ragazza. - detto questo, Luca fissò quella "povera disgraziata" , notò le sue bellezze: capelli neri e lisci come uno scialle di seta, occhi verdi, labbra piccole e carnose. Ma guardandola non poté far a meno di soffermarsi sul lungo taglio che quel delinquente le aveva inferto sul suo bel collo. - Bene! Adesso vado. Mi porti la signorina Lulù appena può. - e salì in auto.









Passarono ancora parecchi minuti prima che colei che poteva aiutarli tornasse. Adesso nel cielo non vi erano più nuvole. Solo la luna brillava, mettendo in risalto quel triste scenario.





- Alla prossima bello! - si sentì da lontano, mentre una macchina andò via velocemente, forse a causa della polizia. Una figura, dal fondo della strada, si avvicinò dondolandosi sinuosamente ma, quando vide gli agenti rallentò il passo. Notò il lenzuolo bianco sopra l'asfalto e di colpo si fermò. Restò ferma lì, con gli occhi spalancati, fino a quando il poliziotto si avvicinò a lei.





- È lei Lulù? - le fu chiesto.



- Sì! Co... cosa è successo?- disse tremando.



- Questa notte un pazzo ha ucciso una ragazza e mi hanno riferito che solo lei aveva stretto amicizia con la vittima.

- Sara... Sara... Sara, - ripeteva mentre riprese il cammino, lento e strascicante. Quando fu di fronte al telo, si inginocchiò. Lo alzò e vide quello che già tutti avevano osservato. Si calò verso il corpo, la sollevò, la strinse forte fra le sue braccia, iniziò a dondolarsi e a cantare lentamente una filastrocca, tanto da sembrare un requiem.

 





Bella chi dorme sul letto di fior
mentre dormiva la cara bambina,
o Maria Giulia da dov... dove se...







Ma non riuscì a terminarla, perché le lacrime, ormai, sfociarono in un pianto straziante… tutti i presenti non poterono che restare a guardare in silenzio.







- Commissario abbiamo trovato la ragazza. È qui fuori che aspetta. - disse l'agente Paoli con tono provato, ricordando ancora la triste scena a cui aveva assistito poco prima.





- Bene, la faccia accomodare. Ah! Agente vada a casa e si riposi un po', ne ha bisogno!





- Sissignore.





Luca si alzò per accogliere Lulù alla porta, - Benvenuta signorina. Scusi se l'ho fatta venire qui a quest'ora tarda della notte, ma ho bisogno di lei per sapere qualche cosa di più sulla sua amica.



- Non si preoccupi! Innanzi tutto non sono una signorina. - e tolse la parrucca che indossava, - Sono gay, ma non una donna. Mi vesto così solo perché al mondo ci sono tanti porci che amano i cazzi, ma non vogliono accettarlo e vanno con i travestiti e, di conseguenza, mi devo adeguare.



- Capisco! Allora come devo chiamarla signore?



- Simone!



- Bene Simone, può aiutarmi?



- Sara! E così che si chiamava. Era sulla strada solo da un mese. Vi era finita a causa di un figlio di puttana che l'aveva illusa e poi l'ha rovinata. Le aveva promesso che l'avrebbe sposata, ma poi, di punto in bianco, l'ha venduta per una dose di droga a un tizio che se l'è scopata e poi l'ha lasciata sulla strada. Restò sola, senza soldi e casa, gliel'aveva portata pure via, quello stronzo! Quando arrivò sulla strada delle puttane e dei froci, è così che la chiamate, no? Comunque quando arrivò, alcune delle ragazze volevano picchiarla per non farla più tornare. Vedendo il suo viso spaventato - com'era bella la mia stellina - mi avvicinai e la difesi e d'allora ero il suo unico amico e lei lo era per me.



- E i suoi genitori?



- È sempre stata sfortunata Sara! Aveva perso entrambi i genitori in un incidente circa un anno fa e poi conobbe il disgraziato. Beh! Il resto già l'ho detto.



- Dove abitava?



- Con me! A casa mia. Mi ha sempre fatto tenerezza e più di una volta le avevo detto di smettere e strare a casa e che avrei provveduto io a lei, ma non dava retta alle mie parole perché, diceva, che non voleva essermi di peso - ma quale peso, poi? Non ho mai avuto molti amici in vita mia. Da piccolo, perché i ragazzini come me non erano bene accetti e adesso perché gli altri gay non mi vedevano di buon occhio perché, facendo questo mestiere, sono un poco di buono. Ma mi creda, a volte, sono peggio di me! Ma non penso che questo le interessi, scusi!



- Non ti scusare Simone... posso darti del tu?



- Certo!



- Piacere Luca!



Vedendo che quel ragazzo, lontano anni luce dal suo tenore di vita, si comportò in tale modo con lui, Simone si sentì, forse per la prima volta nella sua esistenza, un ragazzo che non deve vergognarsi di se stesso.



- Simone... - continuò Luca, - devo chiederti di portarmi a casa tua per vedere se riesco a trovare qualcosa in più su Sara. Che so... qualche lettera o cose simili. Ti dispiacerebbe?





- No, niente affatto. È un piacere essere utile per la mia piccola stellina.



- Perfetto, andiamo!

 





***









Erano le cinque e trenta del mattino quando i due ragazzi, assieme ad altri tre agenti, arrivarono in quella casa. Di certo non era una casa simile a molte altre. Era piena di specchi, lampade e quadri che avevano come soggetto paesaggi e uomini nudi. C'era anche un autoritratto di Simone che presentava entrambe le facce del ragazzo. Una, quella di Lulù, viva di colore, come se si volesse indicare che quel lato avesse il sopravvento rispetto all'altra faccia che era dipinta in bianco e nero e rivolta verso il basso.
Simone andò in camera per cambiarsi per uscire qualche minuto dopo con gli abiti che indossava, quando non lavorava e che lui preferiva. Niente calze a rete e nessuna gonna, solo jeans, camice aderenti e infradito. Tornato da Luca, quest'ultimo vide di fronte a sé un bel ragazzo alto e mascolino.



- Stai meglio così, sai?



- Grazie - rispose il ragazzo intimidito ma, allo stesso tempo, lusingato del complimento che gli fu rivolto. - So che siete in servizio, ma vi posso preparare un cafè? Tranquillo non vi è nessuna pozione al suo interno che vi renda gay. È un semplice e tradizionale caffè.



- Al diavolo le regole! Ne abbiamo tutti bisogno di per tirarci su. Nessuno di noi dorme da ieri notte. Accettiamo - fu la risposta di Luca che accompagnò con un sorriso.


***





- Abbiamo trovato questo, Simone, - gli fu detto da Luca che teneva un diario in mano. Il ragazzo lo prese e iniziò a sfogliarlo e ne lesse una pagina.







19 agosto 2004



Amico mio
Sembra proprio che la fortuna sia tornata dalla mia parte.Questa notte ho conosciuto un ragazzo, Simone, molto gentile, dolce e bello - peccato che sia gay. È stato tanto affettuoso con me, mi ha difeso da alcune donne e mi ha invitato a stare a casa sua. È un miracolo! È il mio angelo custode. So che può essere assurdo che dopo solo due ore ci si possa affezionare ad una persona, ma è così! Gli voglio già tanto bene.
Sara!







- Hai sentito Luca? Mi voleva bene! Era l'unica persona che provava un sentimento simile per me e me l'hanno portata via. Me l'hanno uccisa. Non è giusto, non lo è affatto!



- Purtroppo non sempre la vita ci lascia a lungo chi ci ama. Simone qui abbiamo finito. Grazie per l'aiuto. Il diario lo portiamo via noi per vedere se riusciamo a trovare qualcosa in più, ma ti giuro che te lo farò riavere perché è giusto che lo tenga tu.



- Grazie!







***



Tornò la luna che, anche questa notte, non si trovò ad osservare la solita scena. Infatti, oltre a Sara, quella notte anche Lulù non era presente nella strada. Simone era rimasto a casa, non se la sentiva di riprendere la sua vita notturna, come se nulla fosse successo. Restò con i suoi abiti maschili seduto sul divano a guardare la televisione. Aveva visto quasi tutti i telegiornali e tutti parlavano di Sara, e ora guardava un film che non gli sembrava molto interessante. Suonò il campanello e si alzò. Quando aprì la porta si vide davanti Luca che teneva tra le mani il diario.



- Te lo avevo promesso, no?, - disse al ragazzo che lo invitò ad entrare a bere qualcosa.



- Non c'era bisogno che ti disturbarsi a portarmelo. Se mi aveste chiamato sarei venuto io stesso a prenderlo.



- Non è stato un disturbo, tutt'altro! Mi faceva piacere parlare con te. Ho scoperto, leggendo le ultime pagine di questo diario, che sei una persona speciale, ed è un peccato che la gente non lo capisca.

- Ormai, sono abituato alla solitudine e anche se per un mese avevo assaggiato il piacere della compagnia, adesso devo rassegnarmi e tornare alla mia solita vita. - Luca non disse nulla, ma quelle parole lo avevano colpito e dispiaciuto, non poteva credere che un ragazzo d'oro, pronto a dare tutto se stesso per gli altri, stesse solo, senza amici e genitori. Aveva scoperto, sempre tramite il diario, che i genitori del ragazzo lo avevano buttato, nel senso più stretto del termine, fuori da casa gridandogli che non volevano un figlio frocio. Da allora iniziò ad arrangiarsi da solo e a lavorare in strada diventando Lulù. È così che poté comprarsi la casa e vivere dignitosamente. Tuttavia non voleva restare per sempre in quella situazione. Era laureato in lingue e aveva mandato vari curriculum, ma non aveva ricevuto risposta, ma non si è mai scoraggiato e aspettava il giorno in cui la sua vita sarebbe cambiata.



- Devo proprio andare, ora. Sono stanco e domani mattina devo alzarmi presto. Ci vediamo al funerale.

- Luca! - disse frettolosamente Simone, - Se ti prometto che non ti salgo addosso, dormi qui? C'è una stanza per gli ospiti. Ti prego non dire no. Non voglio stare solo e tu sei l'unico amico. So che tu non puoi considerarmi tale, ma per me è così!



- Sono felice che mi reputi un tuo amico, perché tu per me lo sei già da, quando, stamattina, ho letto quelle pagine! - e si avvicinò a Simone e lo abbracciò. Il ragazzo restò immobile, ma poi, poco a poco alzò le braccia e ricambiò il gesto affettuoso e scoppiò a piangere per sfogare l'immenso dolore.







***





Passarono i mesi e il Natale, ormai, era prossimo. Le strade erano colme di candida neve che copriva i tetti delle case, regalando una visione fiabesca. I due ragazzi diventarono inseparabili amici e a casa di Simone il suo autoritratto fu cambiato con una gigantografia che mostrava Simone e Luca. Non c'era più spazio per Lulù.
La luna guardando i due ragazzi fu felice di notare che i gusti sessuali fossero, ormai, solo dei dettagli che non impedivano a due ragazzi che amavano in modo diverso di diventare amici. Simone in quella mattina che precede la vigilia della nascita del Cristo aveva ricevuto una risposta da una compagnia aerea che gli offriva un impiego come assistente di volo dal tre di gennaio. Simone e Luca uscirono per festeggiare la bella notizia e andarono a bere qualcosa in un bar.



- Finalmente questo dì è arrivato! - esclamò Simone brillo - Potrò far vedere a tutti quanto valgo, brindiamo! - I ragazzi restarono a bere per tutta la notte e quando decisero di tornare a casa, Luca dovette sorreggere l'amico che, altrimenti, sarebbe cascato come un pera cotta per terra.



A casa il commissario spogliò Simone e lo mise a letto. Lo svestì con delicatezza per timore di svegliarlo. Sfilò il maglione e i pantaloni per mettergli il pigiama. Sembrava il fratello maggiore che accudisce, con un amore senza interessi, il fratellino. Quando finì Luca, tuttavia, non si sentì di lasciarlo da solo e decise di dormire, anche lui, lì. Prese una coperta e si distese sul divano posto di fronte al letto e, per tutta la notte, apriva gli occhi, di tanto in tanto, per controllare il suo amico.
L'indomani mattina Simone si svegliò e andando in cucina vide che i fornelli erano stati occupati da Luca che stava preparando la colazione e, quando si accorse che l'amico era in piedi sul ciglio della porta con una aria non proprio delle più felici, gliene offrì una tazza e si accomodarono.

- Come va, amico? - domandò Luca.

- Ho un mal di testa terribile

- Ti credo! Con tutto quello che ti sei scolato ieri, chiunque starebbe nelle tue stesse condizioni.

- Già! Non mi ci fare pensare.

- Come vuoi. Devo andare a lavoro. Ci vediamo stasera per mangiare qualcosa assieme? In fondo è la vigilia di Natale oggi!

- Vero! Devo uscire per comprare i regali. Ci vediamo alle nove qui.

- Perfetto. A dopo! - e Luca uscì frettolosamente, mentre Simone si mise a cercare un'aspirina.

Mentre continuava a controllare, il ragazzo sentì squillare il telefono e quando rispose sentì la voce di un cliente.

- Lulù, ti va di succhiarmelo?

- Mi spiace, ma ha sbagliato numero - rispose Simone sperando che quell’uomo attaccasse.

- Che cazzo dici, non fare la stronza! Voglio che mi fai un pompino subito, altrimenti te la faccio pagare, mi hai capito? Sai che non scherzo.

Simone che, pur essendo un bel ragazzo alto e fisicamente prestante, non sapeva fare a pugni e aveva paura che quel tizio potesse fagli del male e così accettò. Fissò un appuntamento per le diciotto in un motel non molto lontano da casa sua e attaccò la cornetta.





***




Quando Lulù fu lì, entrò nella stanza dove ad attenderla c'era gia quell’uomo. Un signore di circa cinquanta anni, sposato e con due figli. Una figura ben nota nella città. Si avvicinò e la strinse forte per un braccio.

- Perciò avevo sbagliato numero, eh? - disse l'uomo arrabbiato. - Ora ti faccio vedere una cosa e vediamo se la conosci? - abbassò la lampo dei pantaloni e tirò fuori il suo membro in erezione, - Prendilo in bocca! - Lulù obbedì al comando, mentre il suo cuore batteva accelerato per la paura.


Finiti i "giochi", disse all'uomo che sarebbe stata l'ultima volta che si sarebbero visti, ma l'uomo reagì male ed ebbe inizio una furiosa lite che si concluse con lo sparo di una pistola. Il portiere sentendolo, chiamò subito la polizia che fu sul luogo in meno di un quarto d'ora. Al capo del comando c'era Luca che si avvicinò al portiere per sentire ciò che aveva da dire. Quando gli comunicò che da quella stanza dopo lo sparo nessuno era uscito, il commissario con alcuni uomini si avviò verso quella stanza. Aprendo la porta vide una ragazza che piangeva distesa sul pavimento e l'uomo, ancora nudo, seduto di fronte a lei con le braccia riverse verso il basso e lo sguardo fisso nel vuoto. I poliziotti braccarono l'uomo che non fece nulla per scappare al suo destino, mentre Luca si avvicinò alla ragazza.


- Non si preoccupi signorina, l'ambulanz... - il ragazzo si fermò quando riconobbe il suo amico. - Simone cosa ci fai qui?

- Mi aveva detto che mi avrebbe fatto del male se non lo avessi accontentato però, quando gli ho detto che questa era l'ultima volta che ci saremmo visti, si è arrabbiato; abbiamo litigato e poi ha estratto la pistola e mi ha sparato. Luca, non voglio morire! Ho vissuto sempre da solo, ma ora ho trovato un amico come te e la mia vita è finalmente cambiata. Non voglio morire! - disse piangendo il ragazzo all'amico, anch'egli con le lacrime agli occhi.


- Non dire stupidaggini... tu non stai per morire! Come ti viene in mente?

- Già, io non posso morire! Non posso morire adesso, non posso...

- Bravo! L'hai capito finalmente! Sai domani sei invitato a casa dei miei per il pranzo di Natale. Sono curiosi di conoscerti, gli ho parlato così bene del mio migliore amico, che ora non stanno più nella pelle! - Luca non sentì alcuna risposta e quando alzò gli occhi vide che lo sguardo di Simone ormai non brillava più. Il suo amico aveva raggiunto Sara. Luca lascio delicatamente il corpo esanime del suo Simone,si alzò, si voltò, si diresse verso l’uomo, lo guardò con tutta la sua disperazione, la sua ira, il suo dolore. Anche l’uomo lo guardava, ma il suo sguardo era diverso, era lo guardo di uno pentito di ciò che aveva compiuto. I poliziotti lo tenevano per le braccia ammanettate. Luca, non appena fu a tre centimetri dall’assassino, si fermò. Alzò lo sguardo, gli sputò in faccia e gli scaraventò un pugno sul naso che iniziò a sanguinare. Uno degli agenti lo braccò allontanandolo dall’uomo. Fu portato in strada e rimase in piedi, in silenzio. Con le lacrime ancora vive nei suoi occhi. Alzò il viso, mentre il corpo di Simone, coperto da un telo bianco, veniva portato via. Guardò la luna, come ogni sera presente, e gettò un urlo disperato a cui essa ricambiò poggiando un suo raggio sul cadavere di Simone, come se stesse piangendo e quel raggio fosse una lacrima che si era lasciata scappare. Quella luce avvolse Simone che lo illuminò facendolo somigliare ad un angelo. Un angelo che tornava, finalmente, al padre, mentre le campane della chiesa ricordavano a tutti che un nuovo giorno, il giorno di Natale, era appena iniziato.



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Numero Zero13

Waka Waka


Non so a voi a me sta canzone non è piaciuta subito, ho impiegato un po' per  apprezzarla e nella versione rmx, che vi propongo, mi piace molto di più; e dato che purtroppo  L'Italia è uscita dai mondiali  consoliamoci con sta canzone che rimette il buon umore.
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Un nuovo mondo - Ventessima Puntata

Si conclude con questa ventessima puntata la seconda fase di Un nuovo mondo, che però torna a Settembre con un nuovo ciclo, che spero vi appassionerà come questi primi due. Lasciandovi all'ultima puntata, sperando che il finale non sia troppo diverso da quello da voi desiderato, vi invito a restare con me e Il mio mondo espanso, perché per tutto il mese di luglio al posto di Un nuovo mondo, ci sarà una nuova rubrica Racconti d'estate con storie dedicate alla stagione appena entrata.
Alla prossima
Francesco Sansone


Ventesima Puntata


- La morte è sempre difficile da accettare. Ci chiediamo perché Nostro Signore Iddio ci metta alla prova così duramente, privandoci di coloro che amiamo, soprattutto se a lasciarci sono i nostri giovani. Il dolore però non vi accechi, non vi indurisca, non vi allontani da Dio, lui ha sempre un piano che dobbiamo accettare, anche quando fa male come in questo caso. –


Le parole del prete risuonavano nella chiesa come un vano sforzo per facci accettare l’inaccettabile. Sentivo quelle parole, ma non le ascoltavo. Mi urtavano, mi irritavano, mi facevano male. Massimo accanto a me piangeva come un bambino, quasi mi infastidiva, come se solo lui stesse vivendo quel dolore. Mi infastidiva ancor di più quando diceva “è colpa mia, è solo colpa mia”. Volevo cercare qualcosa da dire per consolarlo, ma non ci riuscivo, forse pensavo veramente anch’io che fosse colpa sua. Se lui non avesse fatto tutto quel casino quella sera, oggi non saremo qua a piangere, a disperarci, a non cercare di rassegnarci.

- Dio oggi ha accolto con se’ la nostra giovane anima tanto amata per farla sedere al suo fianco, affinché possa stargli vicino il giorno in cui tornerà sulla terra . –


Mi domandavo, mentre fissavo il prete, se quelle cose le pensasse veramente o le diceva solo perché il rituale lo prevedeva. Finita la funzione mi incamminai reggendo Massimo che non smetteva un solo minuto di piangere e di darsi la colpa.


- Basta! Massimo, smettila. Zitto! Non ce la faccio più a sentirti piangere. Non è colpa tua. Non è colpa tua se non c’è più, non è colpa tua se è mort... Non devi darti colpe che non hai. Non devi pensarlo, non ti fa bene. Ora asciugati quelle lacrime e datti una sistemata. – Mentre passavo un fazzolettino al mio amico, vidi da lontano Alberto – Aspetta un attimo, torno subito.


- Dove vai?


- Torno subito Рe andai verso colui che ̬ stato un angelo custode in questi ultimi giorni РCiao come va?


- Dovrei chiederlo io a te. Non deve essere facile per te trovarti qui.


- Infatti, ma non potevo non venire.


- E Massimo come sta?


- Adesso s’è ripreso. Ho dovuto “sgridarlo” perché continuava a dire che è colpa sua.


- Ma cosa gli passa per la mente?


- Non lo so, anche se…
- Anche se?


- Poco fa… mentre lo diceva … poco fa il pensiero che fosse lui il colpevole di tutto m’è passato per la mente per qualche istante.


- No, non devi pensarlo.


- Lo so, però…


- Nessun però, la colpa è solo del destino, tutto qui.


- …


- Comunque adesso devo andare, sono passato solo per vedere come stavate.


- Capisco.


- Allora ci vediamo dopo, ok?


- Ok. Io torno da Massimo prima che faccia qualche stupidaggine.


- A dopo ciao.



Tornai da Massimo al quale chiesi di andare a casa. Lui mi guardò stranito, con guardo interrogatorio.


- Come fai a restare così calmo?


- Uno di noi deve farlo, altrimenti rischieremo di impazzire.


- Ti invidio. Hai vissuto tutto questo e ti sei dimostrato forte. Io e Andrea pensavamo che certi colpi non li potresti reggere e invece ci sbagliavamo.


- Già.



Mezz’ora dopo


Arrivato a casa, posai le chiavi sul mobile vicino alla porta. I miei erano appena rientrati e li sentivo parlare, mentre si liberavano dagli abiti che avevano indossato fino a quel momento per mettere sù qualcosa di fresco. Non dissi nulla e andai direttamente in camera mia, chiusi la porta e mi buttai sul letto. Iniziai a piangere. Fu quella la prima volta che mi lasciai andare alle lacrime da quando è successo tutto. Non so quanto tempo piansi, so solo che ad un certo punto mi addormentai. 
Venni svegliato da mio padre, dicendo che era arrivato il momento di andare. Mi alzai, mi rinfrescai il viso e mi cambiai. Indossai un jeans e una maglietta verde e un paio di scarpe da tennis.


- Sei pronto? - Mi domandò mio padre


- Sì, andiamo.


- Come stai?


- Bene.


- Sicuro?
- …


- Ok, ammetto di aver fatto una domanda stupida. Scusami.


- E di cosa ti scusi pa’? Tranquillo – e sentendosi dire questo, mi abbracciò stretto a se’. Era da tempo che non capitava un momento simile. – Papà?


- Dimmi


- Posso piangere un po’ abbracciato a te?


- Certo che puoi, me lo chiedi pure?


- Scusa, ti sto bagnando tutta la camicia


- No preoccupati, in caso la cambierà – disse la mamma che era spuntata dalla porta – Non pensare alla camicia, sfogati, butta fuori tutto quello che hai dentro.



Un’ora dopo


In macchina guardavo la strada scivolare fuori dal finestrino. Ero quasi ipnotizzato da quella visione.


- Fabrizio! Fabrizio il telefono- disse mia madre


- Cosa?


- Il telefono sta squillando.


- Ah! Pronto?


- Dove sei?


- Sto arrivando. Perché ci sono problemi?


- No, stai calmo. Tutto ok!


- Meno male


- Fidati.


- Ok. Allora ci vediamo tra circa dieci minuti.


***


- Ehi, finalmente sei arrivato.


- Ciao Alberto, come va?


- Tutto bene, ma…

- Ma cosa? Che succede?


- Vieni con me – dicendomi questo, mi prese per mano e mi trascinò. – Guarda un po'


- Oh, finalmente sei arrivato. Ma quanto ti ci vuole per arrivare ogni volta, neanche dovessi prepararti per andare a cena fuori.


- Qua… Qua…


- Qua qua qua... cos’è? Mi sei diventato una papera in questi giorni?


- Che sei scemo!


- Ah adesso sono pure scemo, ti rendi conto Alberto?


- Dai lo sai... è burbero. In fondo tu lo sai bene Andrea, no?


- Già, lo so bene, ed è per questo che lo amo.


- Io… io…


- Ah ci risiamo. Vieni qua, abbracciami e smettila di balbettare. Sù, cosa fai fermo lì? Vieni! – Non potevo credere ai miei occhi, Andrea s’era svegliato, mi parlava e aveva chiesto un mio abbraccio. – Allora, devo aspettare ancora per questo abbraccio?


- No, no, no... - e mentre lo dicevo, mi avvicinavo a lui sempre più, fino a quando le mie braccia non furono intorno al suo collo.


- Dai basta piangere...


- Ma io non ho pianto. - dico affondando il mio volto sulla sua spalla.


- Invece sì, hai ancora gli occhi rossi e gonfi di uno che s’è fatto un bel pianto.


- Oggi è stata una giornata pesante. C’è stato il funerale di Giulia, Massimo non smetteva di autopunirsi psicologicamente e poi…


- E poi io ero ancora in stato vegetativo.


- Sì, quando il dottore è venuto e ci ha detto che eri andato in coma e che non erano certi che ti saresti mai svegliato, sono morto dentro. Quella sera non fui molto gentile con te. Per cercare di comprendere Massimo, ti avevo aggredito. Non riuscivo a sopportare l’idea che l’ultima cosa che ti avevo detto era “stai zitto”.


- Ma lo avevi detto per me, per non farmi sforzare.


- Lo so, ma, in certi casi, certe frasi le rimpiangi per tutta la vita.


- Ora non ci pensare più, sono qua - e dicendomelo mi abbracciò forte a se.





Un mese dopo


Passò un mese prima che Andrea si riprendesse del tutto, giusto in tempo per la maturità. Sostenemmo l’esame e lo superammo senza grossi problemi. Eravamo pronti per viverci la nostra prima estate da fidanzati.


- Mi spiace non poter passare l’estate con voi, ma ho deciso di andare a Londra per imparare bene l’inglese per cercare di entrare in un college lì.


- Massimo, però potevi aspettare fino a settembre.


- No, non avrei molto tempo di imparare la lingua in un solo mese, lo sapete che non sono una cima.


- Dai, ma se sei un genio


- Sì come no – e scoppiammo a ridere. – Adesso vado, altrimenti l’aereo parte senza di me.


- Va bene. Allora fatti forza e diventa un vero Lord inglese.


- Sì, Sir Massimo


- Massimo, fai attenzione, mi raccomando.


- Andrea non temere, ho imparato la lezione e per un bel po’ me ne starò alla larga dai guai


- Lo so. Vai, sù.


- A presto. Di sicuro a Natale starò qui con voi


- Ti aspetteremo come sempre.






***


La sera io e Andrea uscimmo con Alberto, che ormai a tutti gli effetti era diventato un nostro amico, anzi il nostro angelo, come lo chiamiamo ancora adesso, però qualcosa ci lasciò a bocca aperta non appena lo incontrammo.


- Ragazzi, devo parlarvi di una cosa, ma non so come dirlo... sono un po’ in imbarazzo.






Continua a settembre…
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Numero Zero12





Un Numero Zero davvero speciale. una data che racchiude un evento (clicca su) e un video che vi farà respirare un po' dell'aria che c'era quel sabato pomeriggio e delle foto che dimostrano che io c'ero.

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Numero Zero11

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"Perché festeggiare qualcosa che segna il declino del corpo e della mente?"

Frase che più volte ho detto a chi mi ha chiesto il perché non voglia festeggiare il mio compleanno domani
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Un nuovo mondo - Diciottesima e Dicianovesima Puntata

Diciottesima Puntata




- Resta qui un attimo – mi disse il giovane paramedico. Mi accomodai su un seggiolino, con le mani incrociate e con la testa fissa ad osservale. Non sapevo nulla di quello che stava succedendo dentro la camera di primo soccorso in cui era stato fatto entrare Andrea. Alzai il capo cercando di incrociare il volto di quel ragazzo, ma non lo trovai da nessuna parte. Dopo qualche minuto vidi arrivare di corsa Anna.



- Dov’è? Come sta?


- Anna, n … non lo so. Ä– lì dentro – e indicai la stanza – da un po’ e ancora nessuno mi ha detto nulla.


- Ok ci penso io. Tu stai qua e stai calmo, vedrai che si risolverà tutto.


- Veramente…


- Sto tornando, non ti muovere. – Mi stupiva il modo di parlarmi di Anna, non dico che non fosse mai stata premurosa nei miei riguardi, anzi è stata sempre gentile e affettuosa, ma non mi aveva mai parlato così, come se fossi il ragazzo di Andrea. Mentre stavo ancora aspettando, suonò il telefono.


- Pronto?


- Fabri’ dove siete? Sono a casa tua.


- In ospedale.


- Perché? Ci sono novità su Giulia?


- No!


- Allora, cosa è successo?


- And … Andrea ha avuto un incidente. Ä– grave.


- Sto arrivando.


- Fai come vuoi


- Cosa?


- Niente. A dopo. – Non so perché risposi così a Massimo, so che non era stata colpa sua, ma dentro di me non facevo altro che ripetermi che se non fosse stato per lui, io non starei qui ad aspettare di avere notizie su Andrea.


- Stanno facendo tutti gli accertamenti. Ora lo stanno portando a fare una tac e..


- E?


- Poi si vedrà.


- Ma cosa ti hanno detto?


- Fabrizio, devi essere forte.


- Forte? E perché? È solo caduto, mi parlava fino a poco fa e stava bene. Non può essere così grave come dicono. No! Non è come dicono loro – e dicendo questo, mi alzai e andai fuori nell’atrio dell’ospedale.



Accesi una sigaretta e fissavo il vuoto.



- Ah, Eccoti! Sei qui.


- …


- Ehi, mi senti?


- Cosa? Ah scusa, sei tu. – mi girai e vidi il paramedico – Scusa ero sovrappensiero. Ho appena saputo che Andrea sta messo male più di quanto pensassi.


- Lo hai saputo, eh? Ero venuto a cercarti per dirti come stava il tuo amico.


- Andrea non è mio amico.


- Scusa pensavo che..


- No! È il mio fidanzato.


- Capito. Dai stai tranquillo. – mi disse appoggiandomi il braccio sulla spalla- Vedrai che tutto andrà meglio.


- Me lo dici solo per consolarmi o perché pensi che sia la verità?


- …


- Come pensavo. Ti ringrazio per quello che hai fatto.


- Ho fatto solo il mio lavoro.


- Non è vero. L’avevi capito che Andrea non era solamente un mio amico.


- In effetti è vero.


- Quindi ti ringrazio per avermi fatto salire sull’ambulanza.


- Ho fatto quello che vorrei facessero a me se mi trovassi nella tua situazione.


- Fabrizio, sei qui. Finalmente! Ti stavo cercando. Anna mi ha detto che sei scappato.


- Eccomi, Massimo. Lui è un mio amico… credo – dissi girandomi verso il paramedico mentre Massimo si avvicinava.


- Come?


- Niente, lascia stare.


- Come stai? Mi spiace tanto, se solo…


- Non continuare!


- Ma… io...


- Scusami, non volevo essere scortese, è che non sono in me.


- Stai tranquillo.


- Comunque torniamo da Anna. Ti ringrazio ancora una volta per tutto quello che hai fatto. - dico girandomi verso il giovane paramedico.


- Di nulla. Comunque mi chiamo Alberto. – disse allungandomi la mano.


- Come avrai capito io mi chiamo Fabrizio. Piacere.


- Piacere mio. Adesso devo andare in ambulanza. Magari ci si vede dopo.


- Chissà. Ciao.



Rientrato all’interno, Anna vedendomi mi fece segno di raggiungerla.


- Siediti qui. Dobbiamo solo aspettare. Ha chiamato tua madre mentre eri fuori. Stanno arrivando. Hanno detto che perderanno ancora un’oretta.


- Signora? – questa parola ci fece girare di botto. – Mi spiace ...


- No! Non continui a dire altro. Non dica niente. Vada via, vada via ho detto. Via!





Continua …





 
 
 
Diciannovesima puntata





Qualche ora prima
Andrea





Quando arrivai sul luogo descritto da Massimo, non potevo credere ai miei occhi. Le due macchine erano frantumate e attorno a loro c’erano vigili del fuoco, medici e poliziotti.


- Cosa è successo? – domandai a un ragazzo che si trovava lì.


- Un incidente. Stavano facendo una corsa e alla fine si sono schiantati.


- Ci sono feriti.
- Feriti?! Ci sono pure morti.


- Davvero?


- Sì su cinque ragazzi sono morti in quattro. Tra loro c’è pure una ragazza.


- Cazzo, Giulia


- Cosa?


- Niente … dicevo che è terribile.


- Già, pensa ai quei poveri genitori quando riceveranno questa notizia.


- Già. Mi scusi – e dicendolo mi avvicinai per cercare di vedere qualcosa in più. A pochi centimetri, vidi il corpo senza vita di Giulia e del suo amico, ma anche quello degli altri due ragazzi. Di volta in volta venivano rinchiusi nei sacchi neri e portati sulle ambulanze.


- Che notte di merda. Quattro ragazzi su cinque morti, spero che almeno per stanotte non avvengano altri incidenti. – sentii dire da un giovane paramedico che stava trascinando una barella.


- Che ci vuoi fare Alberto, ‘sti ragazzi non si rendono conto che giocano con la vita.


- Mi scusi? – chiesi a quel giovane


- Sì, mi dica?


- Sono morti tutti? – chiesi facendo finta di non sapere nulla.


- No, solo uno si è salvato.


- Quindi erano solo cinque?


- Sì


- E nessun altro?


- Per fortuna no. La polizia ha chiuso il caso. Non c’è altro da scoprire dicono.


- Ah! Capisco. Beh, grazie


- E di che?


- Buonasera


- Buonasera.


Non appena salutato quel ragazzo, sentii suonare il telefono


- Andrea come è la situazione lì?


- Fabri’ qui è un inferno. Ci sono auto della polizia e ambulanze.


- Cosa?


- Hai capito bene.


- Oddio e Giulia come sta? Sta bene almeno lei?


- Veramente sia Giulia che il suo amico non ce l’hanno fatta. Hanno appena portato via le loro salme.


- Mio dio, è terribile e adesso come… cosa...


- Stai tranquillo Fabrizio! Non dire nulla a Massimo per il momento, io sto tornando a casa.


- Ok non dirò nulla per il momento. Ciao Andrea ti prego torna presto.


- D’accordo. A dopo.



Andai di corsa sullo scuter per tornare a casa. Fabrizio non sa stare tranquillo in queste circostanze. Si fa prendere dal panico, ha bisogno che qualcuno lo tranquillizzi e gli dia coraggio. Mentre stavo per mettere in moto sentii squillare di nuovo il telefono.


- Massimo è uscito come un pazzo. Sa tutto. Dobbiamo fermalo. Io sto scendendo di casa.


- Ok, io intanto vedo se riesco a beccarlo in strada. – iniziai a camminare, nella speranza di trovarlo e finalmente lo vidi. Aumentai la velocità per raggiungerlo, ma ad un tratto una donna spuntò sulla strada.






Qualche istante prima


Massimo





- Stai tranquillo Fabrizio! Non dire nulla a Massimo per il momento, io sto tornando a casa.


- Ok non dirò nulla per il momento. Ciao Andrea ti prego torna presto.


- Massimo! Da quanto sei qui che ascolti?


- Fabrizio dimmi che cosa non devi dirmi adesso. Dimmelo!


- Giulia e Dario purtroppo…


- No. Non è possibile. Devo andare lì, devo andare subito. - Quando mi trovai fuori dal portone non sapevo dove andare e cominciai a correre come un pazzo, non mi fermai neppure per prendere fiato se non dopo molto tempo. Finalmente mi fermai davanti ad una fontana. Mi bagnai la faccia nell’acqua e mi buttai per terra. Respiravo forte. Ero tutto sudato e la stanchezza e la disperazione avevano preso il sopravvento. Restai molto tempo lì, fino a quando non pensai a Fabrizio e allo spavento che gli avevo causato.


- Sono stato davvero un cretino. Fabrizio adesso sarà preoccupato e spaventato. Forse è meglio che torni a casa sua – mi dissi e così alzandomi mi incamminai. Arrivato al portone suonai più volte, ma nessuno aprì, pensavo che fossero per strada a cercarmi e così lo chiamai


- Pronto?


- Fabri’ dove siete? Sono a casa tua.


- In ospedale.


- Perché ci sono novità su Giulia?


- No


- Allora cosa è successo?


- And … Andrea ha avuto un incidente. Ä– grave.


- Sto arrivando.


- Fai come vuoi


- Cosa?


- Niente. A dopo. – Quel suo “fai come vuoi”, mi lasciò perplesso, non avevo mai sentito Fabrizio parlarmi in quella maniera, con quel tono. Ho avvertito tutto il suo dolore e la sua rabbia. Corsi come un matto fino all’ospedale e quando vidi Anna le feci un cenno con la mano.


- Massimo, tu qui?


- Sì, spero non le spiaccia.


- No che dici, mi spiace solo che ci rivediamo in questo contesto.


- Già, ma cosa è successo?


- Andrea ha avuto un incidente con la moto e ha perso i sensi. Di più non so, ancora nessuno mi ha detto nulla.


- E Fabrizio?


- Ä– uscito fuori, era sconvolto. Lo ha trovato lui per strada.


- Oddio. Ti spiace se vado..


- No, anzi, sarei più serena sapendo che ci sei tu – finito di dire quelle parole, sentimmo il telefono di Fabrizio suonare – Sono i suoi genitori, tu vai da lui così posso rispondere


- Ok. – Camminai poco prima di vederlo.


- Fabrizio, sei qui. Finalmente, ti stavo cercando. Anna mi ha detto che sei scappato.


- Eccomi, Massimo.


- Come stai? Mi spiace tanto, se solo…


- Non continuare!


- Ma … io ..


- Scusami, non volevo essere scortese è che non sono in me.


- Stai tranquillo.


- Comunque torniamo da Anna.






L’arrivo in ospedale
Alberto


- Giovane, bianco, ha avuto un incidente in moto, non da segnali di vita. Ha perso molto sangue.


- Dai vieni. Entra con me.


- Grazie.


- Resta qui un attimo


Dicendo queste parole, lasciai il ragazzo in sala d’attesa per sapere qualcosa in più.


- Allora come sta?
- Ancora non sappiamo molto, tra poco gli faremo la tac e così potremo capire perché non risponde. Sicuramente ha avuto un’emorragia interna, ma non possiamo dire altro.


- Ti ringrazio vado a comunicarlo al suo amico qua fuori. Ä– sconvolto.


Andai verso lui ma non feci in tempo a raggiungerlo che lo vidi scappare.


- Oddio glielo hanno detto prima di me. Non ci voleva. - E lo seguii - Ah! Eccoti, sei qui – gli dissi una volta trovato


- …


- Ehi, mi senti?


- Cosa? Ah scusa, sei tu. Scusa ero sovrappensiero. Ho appena saputo che Andrea sta messo male più di quanto pensassi.


- Lo hai saputo, eh? Ero venuto a cercarti per dirti come stava il tuo amico.


- Andrea non è mio amico.


- Scusa pensavo che...


- No! È il mio fidanzato.


- Capito. Dai stai tranquillo.


- Me lo dici solo per consolarmi o perché pensi che sia la verità?
- …


- Come pensavo. Ti ringrazio per quello che hai fatto.


- Ho fatto solo il mio lavoro.


- Non è vero. L’avevi capito che Andrea non era solamente un mio amico.


- In effetti è vero.


- Quindi ti ringrazio per avermi fatto salire sull’ambulanza.
- Ho fatto quello che vorrei facessero a me se mi trovassi nella tua situazione. - Mi lasciò di stucco come quel giovane non ebbe difficoltà a dire a un semi sconosciuto che il ragazzo di cui era preoccupato fosse il suo fidanzato. Ha avuto quella non curanza di cui io non sarò mai capace. Era disperato, ma lottava con tutto se stesso per non lasciarsi impazzire. Io non so se ce l’avrei fatta. Stavo per dirgli che avevo visto il suo fidanzato e che gli avevo parlato prima che avesse l’incidente, quando arrivò un ragazzo chiamandolo.


- Lui è un mio amico… credo


- Come?


- Niente lascia stare. – Mi stupì ancora una volta. Per la prima volta in quella serata aveva manifestato la sua rabbia, anche se poi, chiedendo scusa al suo amico per il tono assunto, cercò di far rientrare tutto dentro.


- Ti ringrazio ancora una volta per tutto quello che hai fatto.


- Di nulla. Comunque mi chiamo Alberto. – gli dissi allungando la mano.


- Come avrai capito io mi chiamo Fabrizio. Piacere.


- Piacere mio. Adesso devo andare in ambulanza. Magari ci si vede dopo.


- Chissà. Ciao. – e raggiunsi l’ambulanza.


- Quel ragazzo era l’amico di quello che abbiamo caricato prima? – mi disse il mio collega


- Sì, perché? Cosa sai?


- Ah amico mio, certe serate non vorrei viverle.


- Già! Non lo dire a me.



Adesso


Fabrizio





- Signora? – questa parola ci fece girare di botto. – Mi spiace ...



- No! Non continui a dire altro. Non dica niente. Vada via, vada via ho detto. Via!





Continua …
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